Lunedì 4 settembre 2017 - sesta giornata alla Mostra del Cinema di Venezia
Dopo
La Villa (Robert Guédiguian) visto alle 8.30 di mattina della mia sesta giornata al Lido, mi sono rivolta alla comoda Sala Grande per una delle proiezioni che attendevo di più e che si è rivelata alla fine essere poi l'opera che più mi ha colpito in concorso a Venezia74.
Ebbene, eleggo a miglior film di questa edizione del Festival questa pellicola statunitense di quel geniale regista e sceneggiatore britannico/irlandese che è
Martin McDonagh. Una decina di anni fa aveva vinto l'Oscar per il miglior cortometraggio ma
Tre manifesti ad Ebbing, Missouri (questo sarà il titolo italiano, per cui l'uscita è prevista a gennaio) è il suo terzo lungometraggio, come regista e sceneggiatore, senza contare importanti produzioni teatrali fin dagli anni '90.
Non riesco a descrivere l'emozione di poter dire di avere visto questo film, subito schizzato in cima alla lista dei miei film preferiti dell'anno e di sempre, all'anteprima mondiale - ovvero la mattina stessa della proiezione ufficiale con cast e regista, che si sarebbe svolta la sera del 4 settembre. Visionare questo capolavoro di regia, interpretazione ma in primis di sceneggiatura nella Sala Grande insieme alla stampa e agli addetti ai lavori è stato un vero privilegio. Posso già dire che è mia intenzione andarlo a rivedere quando uscirà al cinema in Italia, magari anche più di una volta.
La mia prima speranza era quella che fosse la protagonista
Frances McDormand a vincere la coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile ma in un secondo momento - pur rimanendo ferma nella speranza di poter tifare per lei ad Oscar e Golden Globe - ho capito che era Martin McDonagh a
doversi portare a casa il premio per la miglior sceneggiatura, senza ombra di dubbio. Così la pensavano anche molti critici presenti in sala e così evidentemente ha pensato anche la giuria che ci ha dato ragione. Vittoria!
C'era molto di
Fargo (F.lli Coen, 1996) in questa 74° edizione della Mostra del Cinema di Venezia. Mi riferisco naturalmente alla sceneggiatura che sapeva di riciclaggio degli stessi Coen diretta da Clooney in
Suburbicon (anche se probabilmente è ante-'96 e bla, bla, bla) ma mi riferisco anche proprio all'interpretazione di questo personaggio protagonista che ha molto della Marge Gunderson, altrettanto madre e altrettanto arrabbiata. A pensarla bene ci troviamo a 20 anni di distanza da quella celebre gravidanza con un'altra maternità dove in realtà la figlia in questione non si vede, non perché debba ancora nascere ma piuttosto perché purtroppo non c'è più.
Mildred Hayes, questa la nuova identità dell'attrice, è una madre single in lutto che cerca di mascherare con rabbia e aggressività un deteriorante senso di colpa che prova per la morte della figlia adolescente Angela. L'obiettivo del suo sfogo, 7 mesi dopo la tragedia (morte in seguito a stupro e violenza), si riversa sulla polizia della città di Ebbing, Missouri perché non sono ancora stati in grado di trovare un colpevole. Secondo lei la colpa è ancora più grande perché in particolare lo sceriffo non avrebbe prestato sufficiente attenzione al caso. Sceglie come veicolo 3 imponenti spazi per manifesti giusto fuori dai confini della città.
Qui entrano in gioco altri due attori meravigliosi:
Woody Harrelson (sceriffo Willoughby) e
Sam Rockwell (il poliziotto Jason Dixon). Quest'ultimo è piuttosto irritabile, razzista, scorretto ma soprattutto incompetente quando invece il primo è ingiustamente messo alla gogna in un momento oltretutto difficile della sua vita, in quanto malato terminale.
La differenza nelle reazioni dei due poliziotti all'offesa la dice lunga sulle capacità di sceneggiatura e caratterizzazione magistrale di McDonagh, senza contare personaggi forse secondari ma senza i quali il film non sarebbe stato il capolavoro che è: l'unico figlio superstite di Mildred, interpretato da
Lucas Hedges (sì, proprio il ragazzo di
Manchester by the sea, una delle poche cose davvero interessanti uscite da quel film) o anche Red (
Caleb Jones), il singolare impiegato dell'agenzia pubblicitaria della città, responsabile di aver affittato i famigerati manifesti.
Numerosi personaggi e situazioni ad effetto si susseguiranno per tutta la durata del film in un alternarsi equilibrato di risate, momenti geniali, commoventi, tragici e profondi.
Martin e suo fratello John McDonagh sono stati spesso accostati a Tarantino, in particolare per quanto riguarda l'uso della violenza nei loro film. Siamo in quel tipo di cinema esploso negli anni '90 di cui appunto anche Fargo faceva parte, assieme al buon Quentin. La violenza qui non è mai puramente fisica e sanguinaria infatti buona parte la giocano anche le parole.
Può essere che a tratti potrà sembrarvi fin troppo "battuta pronta" ma aspettate fino alla fine e vedrete. La sala cinematografica non se ne starà un attimo zitta, saranno tutti a ridere e a piangere all'unisono.
Vi prego, fatelo per me, non lasciatevelo scappare!