venerdì 27 gennaio 2017

LIBRO: La spia

Dall'inizio del 2017 non vi avevo ancora parlato di un libro, ma questo è dovuto al fatto che non ne avevo finito nemmeno uno, prima di questo.
Con questo nuovo libro di Paulo Coelho ho inaugurato il 2017 e il mese di gennaio per le letture, non appena era uscito nelle librerie a novembre l'ho subito desiderato leggere e infatti è stato proprio questo l'unico libro che ho ricevuto per Natale.
Ho approfittato per iniziare a leggerlo pochi giorni dopo Natale in modo da potervene parlare quando ancora non troppa gente l'aveva fatto (per una volta non arrivo in ritardo su qualcosa!) e l'ho finito durante la prima settimana di gennaio.
In realtà è molto più breve e veloce da leggere di quanto sembri dal numero di pagine perché la scrittura è molto grande e gli spazi sono tanti; a parte questo l'edizione è molto bella e la copertina è proprio ciò che mi ha attirato di più, perché presenta l'argomento fin da subito: Mata Hari.

Titolo: La Spia
Autore: Paulo Coelho
Pubblicazione: 2016
Genere: biografico, epistolare
Ambientazione: 1876-1917 (vita di Mata Hari)



Non c'è dubbio che Paulo Coelho sia lo scrittore brasiliano più famoso al mondo e che sia uno degli autori contemporanei più venduti al mondo. Ciò nonostante io non ho letto quasi nulla di suo prima di questo, limitandomi solo al famosissimo Alchimista (ero piccola quando l'ho letto e non mi era piaciuto, anche se credo di non averlo compreso e perciò vorrei rileggerlo, oltre a recuperare altro dell'autore).

Appena l'ho notato la prima volta nelle librerie ho subito pensato che sarebbe stato molto interessante leggerlo perché avrei preso due piccioni con una fava: avrei letto finalmente qualcosa di Coelho e avrei appreso qualcosa in più sulla biografia di Mata Hari, un personaggio storico che mi aveva sempre affascinato.

Il romanzo epistolare è diviso in più parti: una iniziale che parte dalle fine, ovvero dall'esecuzione della condanna a morte per spionaggio di Mata Hari; una centrale - maggior parte del romanzo - dove Margaretha Zelle racconta la sua vita dall'inizio alla fine sotto forma di lettera, che sarebbe dovuta servire a far conoscere alla unica figlia la verità su sua madre; infine un'ultima parte - anche questa sotto forma di lettera - scritta però dall'avvocato che ha fallito nella difesa della sua celebre cliente.

Coelho ha deciso di dedicare questa sua ultima opera al ritratto di una donna, senza dubbio la più desiderata della sua epoca, la più misteriosa, considerata pericolosa solo perché libera.
La maledizione di Mata Hari è stata quella di essere vissuta a cavallo tra 1800 e 1900 e di essersi comportata da donna libera, fuori dagli schemi dell'epoca proprio durante la Prima Guerra Mondiale.
I rapporti che aveva con gli uomini di potere e la sua facilità nel sedurli erano visti come un pericolo per le preziose informazioni riservate di guerra fra paesi rivali.

La vittima è stata questa donna ritenuta affascinante da tutti gli uomini della sua epoca, eppure dalle fotografie non sembra eccezionalmente bella. Che fossero proprio i suoi comportamenti a colpire la gente, non solo uomini ma anche donne?
Sicuramente Mata Hari è stata solo una delle tante vittime ingiuste della guerra ma viene ricordata piuttosto come simbolo, come mito.
Anni fa mi affascinava questa figura che era riuscita a eludere perfino la morte, questa giovane donna che senza compiere nessun atto effettivo di spionaggio viene ritenuta nella memoria comune come una delle maggiori spie, una delle più pericolose. Ciò che ho capito solo dopo è che quel "pericolosa" deriva più che altro dal suo essere donna, minaccia per l'uomo che ritrovandosi di fronte a lei non poteva resistere e le raccontava qualsiasi segreto di stato riservatissimo per la guerra in atto.
Probabilmente questa donna di nome Margaretha Zelle, vissuta fra 1876 e 1917, ha avuto la sfortuna di essere condannata a morte perché viveva in Europa durante la prima guerra mondiale ma tante altre donne possono dire lo stesso per il paese in cui vivono anche nel 2017. Ritenuta pericolosa per un "potere" che aveva sugli uomini che quando erano con lei si dimenticavano chi erano e che era in corso una guerra. Di chi era la colpa?
Con questa riflessione non voglio elogiare troppo Mata Hari perché non penso che possa essere definita esattamente una femminista e perché non penso sia in tutto e per tutto un modello da imitare ma mentirei se non ammettessi che mi ha sempre affascinata.

Tornando al romanzo in sé non posso dire che abbia colpito nel segno al 100% nel senso che mi aspettavo un maggiore impatto, avrei forse preferito meno invenzione e più realtà.
Lo consiglio perché comunque mi è piaciuto però tenete a mente che questa è la Mata Hari nella testa di Paulo Coelho, non la versione storica accurata.
Non che mi aspettassi di leggere una biografia perché sapevo che si trattava di un romanzo epistolare però se ci fosse stato più documentato e meno immaginato forse l'impatto sarebbe stato più grande, perché già stiamo parlando di qualcosa di poco ordinario e difficile da immaginare e forse ciò che non mi ha convinto è che così facendo, Coelho distanzia il lettore dalla protagonista invece che avvicinarlo.
Non so se mi sono spiegata, ma sostanzialmente quello che volevo far capire è che lo consiglio ma il lettore deve tener a mente queste cose, forse mi aspettavo qualcosa di diverso ma a lettura conclusa non posso ritenermi delusa, forse un po' spiazzata, ma non soddisfatta al 100%.

mercoledì 25 gennaio 2017

2 sequel Disney: Cenerentola II e III

CENERENTOLA II - QUANDO I SOGNI DIVENTANO REALTA'

Titolo originale: Cinderella II - Dreams come true
Produzione: USA, 2002
Regia: John Kafka
Genere: animazione, sentimentale, fantastico
Sequel (direct to video) del classico Disney "Cenerentola" del 1950.


Cenerentola è uno dei classici Disney più amati dai bambini di tutte le generazioni dagli anni '50 in qua e ancora oggi è uno dei più conosciuti. A chi, come me, appartiene alla generazione che nel 2002 andava alla scuola elementare, non sarà sfuggito il sequel Cenerentola II, uscito direttamente in VHS.
Ricordo molto bene questo cartone animato e ricordo che, da amante dei libri com'ero e come sono, ero entusiasta dell'idea di una storia che si basava sulla creazione di un libro attraverso il quale noi potevamo scoprire alcuni scorci della vita di Cenerentola al castello.

Lo ricordavo abbastanza bene anche se non lo vedevo dal 2002 probabilmente, ed è per questo che l'ho voluto rivedere (contando il fatto che ero in piena sessione d'esami all'Università e avevo bisogno di film del genere).

I tre segmenti-flashback narrati dal libro vedono come protagonisti:
1) Il topo Giac che vorrebbe diventare umano snobbando gli altri topi, verrà trasformato dalla Fata, ma ben presto si rende conto di non essere tagliato per questa vita e desidera tornare topo
2) Anastasia, la sorellastra di Cenerentola, si innamora di un panettiere ma verrà ostacolata in questa sua storia d'amore dalla perfida madre e da Genoveffa che la invidia
3) Le difficoltà di Cenerentola a palazzo quando vuole fare di testa sua, senza seguire il "protocollo"

Nonostante la critica e il pubblico lo giudicarono negativamente (a me piaceva, ribadisco) ebbe un successo innegabile e guadagnò molto.
Rivedendolo a 20 anni noto chiaramente come il film sia meno curato, soprattutto se paragonato al Classico Disney originale, i disegni e le animazioni non reggono il confronto. Anche le canzoni non sono granché rispetto agli intramontabili successi del 1950.

CENERENTOLA III - IL GIOCO DEL DESTINO

Titolo originale: Cinderella III - A twist in time
Produzione: USA, 2007
Regia: Frank Nissen
Genere: animazione, sentimentale, fantastico
Secondo sequel (direct to video) del Classico Disney del 1950.


A differenza di Cenerentola II, non avevo mai visto prima questo film perché nel 2007 forse non ero già più interessata a vedere sequel dei film Disney, dopo varie delusioni. Quindi l'ho visto proprio ieri per la prima volta, a 20 anni.

Ho subito percepito una confusione nel senso che non capisco come si collocano in linea cronologia nei confronti del film originale. Da un lato mi verrebbe da pensare che questo viene subito dopo il primo perché non tiene conto delle vicende del secondo film però nemmeno il secondo tiene conto degli sviluppi del terzo. Non è chiara la questione ma mi verrebbe da pensare che si tratta di due sequel paralleli al primo film, come se fossero entrambi II e non II e III, non so se mi spiego.

Qui la strategia usata è diversa rispetto al film del 2002 perché la tagline è "Cosa sarebbe successo se la scarpetta non fosse calzata?" ed è questa risposta che prende vita.
La matrigna ruba la bacchetta magica alla fata e torna indietro nel tempo fino all'episodio della scarpetta in modo da sostituire Anastasia a Cenerentola e facendo togliere la memoria al principe.
Naturalmente Cenerentola e i topi ricordano tutto e quindi devono battersi affinché la verità venga a galla, quindi potete già capire senza che io prosegua.

Rispetto al film del 2002 ho trovato più cura nei disegni, nelle animazioni e nella musica, oltre che anche ai titoli di coda e altre cose di contorno che lo rendevano più "compiuto".
Al contrario dal punto di vista narrativo l'ho trovato molto insoddisfacente e mal costruito, alla fine penso che anche un bambino si chieda perché la matrigna non abbia semplicemente offuscato la memoria di Cenerentola e festa finita.
Essendomi andata ad informare ho effettivamente scoperto che per questo terzo film erano stati messi a disposizione molti più materiali di riferimento provenienti dal primo film, cosa non verificatasi per il film del 2002.

Una curiosità piuttosto strana invece è che Cenerentola II è stato l'ultimo film prodotto dalla casa di produzione di Disney Giappone mentre Cenerentola III è stato l'ultimo film prodotto dalla Disney Australia e che entrambi gli studios hanno chiuso letteralmente non appena avevano finito di lavorare a questi due film, rispettivamente nel 2001 e nel 2006, una maledizione?

Anche per questo film il mio parere è opposto a quello della critica, prendendo infatti come esempio Rotten Tomatoes, aveva ricevuto un 71% quando a me non è piaciuto molto mentre il II che considero carino e piacevole ha un 0%!

Fatemi sapere cosa ne pensate in generale dei Sequel che vengono realizzati per i Classici Disney e quali avete visto, se vi sono piaciuti oppure no, a presto :)

lunedì 23 gennaio 2017

FILM: Come d'incanto

Titolo: Come d'incanto
Titolo originale: Enchanted
Regia: Kevin Lima
Produzione: USA, 2007
Genere: commedia, musicale, fantastico
Ambientazione: favola / New York, contemporanea
Attori: Amy Adams, Patrick Dempsey, James Marsden, Timothy Spall, Susan Sarandon, Idina Menzel, Rachel Covey, Julie Andrews


Classico film che mescola animazione a live-action firmato Disney, come Mary Poppins oppure Pomi d'ottone e manici di scopa... se siete nostalgici e avete amato quei film amerete sicuramente anche questo! Si tratta quasi di una parodia dei tipici classici Disney in quanto inizia come tale, con la principessa in cerca del principe, le canzoni, gli animaletti e la strega cattiva ma poi ci ritroviamo sbalzati nella New York dei giorni nostri e ci chiediamo: cosa succederebbe se i personaggi delle favole arrivassero nel nostro mondo? Come reagirebbero?

Se ve lo siete chiesti anche voi almeno una volta dovete vedere Come d'incanto per scoprirlo!

Il cast è più che perfetto, sicuramente stellare, ma sono nomi che attestano la bravura di questi attori che si riconfermano essere versatili, anche in ruoli insoliti per loro.
Le musiche sono degne di un film Disney che si rispetti e che passerà alla storia come classico: si riconferma il genio di Alan Menken e Stephen Schwartz.
La voce narrante nella versione originale è quella di Julie Andrews (a proposito di Mary Poppins).
La trama ricalca quella di una classica favola ma è rivisitata molto bene e resta sempre fresca e sveglia, pur durante le canzoni (persone che odiano il musical, non temete!) il fattore musical è molto ben calibrato e inserito nella storia, assume un ruolo dinamico e attivo, quindi non annoia e non "rallenta" il film, anche perché sono canzoni stupende.
Moltissimi sono le gag sparse qua e là per la storia, non è un film totalmente comico, ma capite già che con la presenza di James Marsden ci faremo qualche risata :)

Ci sono affezionata, c'è poco da fare! Da quando nel 2007 l'ho visto al cinema, l'ho sempre riguardato volentieri ogni volta che ne ho avuto l'occasione, quindi sono stata felicissima di ricevere il DVD per Natale e ho subito approfittato per rivederlo ancora. Se non l'avete ancora mai visto dategli una possibilità, non ve ne pentirete, e quale migliore occasione del suo 10° compleanno?

giovedì 12 gennaio 2017

FILM: Grand Budapest Hotel

Titolo: Grand Budapest Hotel
Titolo originale: The Grand Budapest Hotel
Regia e sceneggiatura: Wes Anderson
Produzione: UK, Germania - 2014
Genere: commedia, drammatico, film d'autore
Ambientazione: tra 1932, 1968 e 1985 in un'Europa immaginaria
Attori: Ralph Fiennes, Tony Revolori, Murray Abraham, Jude Law, Saorsie Ronan, Tom Wilkinson, Willem Dafoe, Adrien Brody, Tilda Swinton


Ho già parlato per via d'accenno e molto brevemente di questo film quando ero andata a vederlo al cinema nel 2014, non vi consiglio di andare a cercare quel post perché era davvero inutile, dicevo praticamente solo che mi era piaciuto.
Lo scorso mese l'ho rivisto per recente acquisto del dvd e mi è sembrato il momento giusto per parlarvene meglio, considerato che sto anche leggendo il libro sul "making of" di questo film, edito per la collana "Wes Anderson collection" di libri stupendi (soprattutto esteticamente) ma anche molto ben fatti e interessanti sui suoi film.

Scritto, diretto e co-prodotto da Wes Anderson, come tutti i suoi film porta i tratti caratteristici di un'estetica molto curata, colori pastello, inquadrature e sequenze pulite e lineari, storie e personaggi atipici ma comunque delicati con il risultato di un prodotto che nonostante possa piacere o meno è di un certo impatto perché è unico nel suo genere e il tratto di Anderson è inconfondibile.

Sceneggiato da Wes Anderson e basato in linea molto ampia sulle opere di Stefan Zweig, scrittore austriaco di prima metà del '900.
L'intera storia infatti si snoda principalmente nel 1932 ma rappresenta una lunga analessi narrata da un personaggio che vive nel 1968, la cui storia è contenuta in un libro scritto nel 1985 (dall'autore stesso, ormai più vecchio di com'era nel '65 quando gli è stata raccontata la storia) ma la scena di apertura e chiusura sono nel presente, quando una ragazza sta appunto leggendo il libro chiamato "Grand Hotel Budapest". Ci troviamo nella repubblica di Zubrowka, dove l'hotel un tempo celebre è ora piuttosto decaduto e il proprietario Zero Moustafa racconta come ne è venuto in possesso, iniziando dal principio ovvero quando lui era solo un lobby-boy.

La storia la lascio a voi perché sarebbe difficile riassumerla in due parole e sarebbe anche dannoso ai fini della pellicola. Per quanto riguarda la trama devo dire che non l'ho trovata al livello di altri film di Anderson anche se i personaggi sono brillanti, ben costruiti, ben interpretati e sceneggiati ma soprattutto perfetta la scelta del cast.
Ralph Fiennes, F. Murray Abraham, Jude Law (se anche a voi non piace tranquilli, compare poco), Tom Wilkinson, Saoirse Ronan, il nuovo volto di Tony Revolori, Adrien Brody (!!!), Willem Dafoe (!!!), Edward Norton, Tilda Swinton, Jason Schwartzman, camei di Owen Wilson, Bill Murray.

Vincitore di 4 Oscar (migliore Colonna sonora, Trucco, Scenografia, Costumi) e un Golden Globe nel 2015 (miglior commedia) oltre a Nastro argento a Milena Canonero e David di Donatello per miglior film straniero.

Quest'opera degna della pasticceria Ladurée (o meglio, della pasticceria Mendl's) è tutta costruita sui personaggi così ben caratterizzati da sembrare reali inseriti in uno spazio fiabesco così ben caratterizzato da sembrare irreale, paradossalmente. Non c'è molto da dire, puro stile Wes Anderson, lo si ama o lo si odia. Non assegno mai un voto ai film ma se dovessi, probabilmente sarebbe un 8.5 su 10 perché non mi ha colpito tanto come altri film del regista, ma questo non toglie nulla a Grand Budapest Hotel, guardatelo per favore - se possibile in DVD perché l'aspetto visivo è essenziale! - non ve ne pentirete.

domenica 8 gennaio 2017

FILM: Furore

Titolo: Furore
Titolo originale: The Grapes of Wrath
Regista: John Ford (sceneggiatura di Nunnally Johnson e Steinbeck stesso)
Produzione: USA, 1940
Genere: drammatico
Ambientazione: USA, primi anni '30
Attori: Henry Fonda, Jane Darwell, John Carradine, Charley Grapewin, Dorris Bowdon
Tratto da: romanzo omonimo di John Steinbeck del 1939


Ho visto questo film all'università senza aver mai letto il romanzo da cui è tratto, ha fatto la storia del cinema e confermo che sia uno di quei film "da vedere almeno una volta nella vita" ed è sicuramente una delle testimonianze più realistiche e drammatiche della Grande Depressione iniziata nel 1929 negli Stati Uniti, in questo caso ambientato negli anni '30 e realizzato subito dopo l'uscita del romanzo da cui è tratto, con collaborazione dello scrittore stesso.

Nel 1989 è stato inserito nel National Film Registry come film da conservare nella Biblioteca del Congresso USA. Si trova inoltre nella classifica dell'American Film Institute al 21° posto nel 1998, dopo l'aggiornamento del 2008 è sceso al 23° posto (lista dei 100 migliori film statunitensi).

Tom (Henry Fonda) è appena uscito di prigione e torna a casa, nella fattoria di famiglia, dove tutti lo accolgono e lo acclamano. Ben presto scopre che la fattoria e la loro terra è stata espropriata dalle banche e l'ultima possibilità rimasta per la famiglia, che comprende nonni, nipoti e parenti vari, è andarsene per sempre - destino condiviso da molte famiglie statunitensi degli anni '30.
Tutti i familiari partono a bordo di una carovana con tutto ciò che possiedono per la California, partendo dall'Oklahoma, perché hanno letto su un volantino che sulla costa ovest c'è molta richiesta di lavoratori e ormai non hanno nulla da perdere.
Il viaggio sarà estenuante e frustrante: alcuni di loro moriranno sulla via, alcuni soffriranno la fame, altri si feriranno o diventeranno dei ricercati dalla polizia. La loro vita cambierà in modo drammatico e la disperazione verrà condivisa con la moltitudine di gente che incontreranno sulla loro strada.

Non ho letto il romanzo ma mi è stato detto che il film, per quanto duro e drammatico, è comunque meno cruento e d'impatto del libro in quanto le scene più "impressionanti" sono state tralasciate.

Vincitore di 2 premi Oscar nel 1941: migliore regia a John Ford e miglior attrice non protagonista a Jane Darwell (forse la ricordate per l'ultimo suo ruolo, quello della "donna dei piccioni" in Mary Poppins).

Molti nomi legati a questa pellicola sono tra i più noti di Hollywood, al di là del regista e degli attori protagonisti che sicuramente conoscerete, le musiche sono di Alfred Newman (della più celebre famiglia di compositori di Hollywood). Anche John Carradine appartiene ad una dinastia Hollywoodiana stabile che lo vede come padre di David di Kill Bill, di Robert che per me sarà sempre il papà di Lizzie McGuire, del compositore Keith.
Anche gli altri attori erano star nel loro periodo: Charley Grapewin è soprattutto legato al suo ruolo dello zio di Dorothy nel Mago di Oz; Dorris Bowdon è la moglie di Nunnally Johnson, importante sceneggiatore (proprio in questo film); anche Russell Simpson era molto prolifico all'epoca e particolarmente legato a John Ford come regista.
Daryll Hickman era un noto attore bambino degli anni '40 che in seguito ha lasciato il cinema, per tornarci solo sporadicamente.

Vi lascio un link a una recensione molto completa ed interessante che ho trovato su ondacinema.it:
 http://www.ondacinema.it/film/recensione/furore_ford.html

Non saprei nemmeno cosa dire su questo film perché è universalmente noto per la sua importanza, non solo nella storia del cinema, ma nella Storia con la S maiuscola.
Forse uno dei film più realistici in assoluto nel rappresentare un periodo storico per la sua vicinanza con esso ma soprattutto per essere basato (molto bene) su un romanzo che nasce da un viaggio ripercorso da Steinbeck nell'America in crisi e depressa nel 1936.

"Siamo vivi. Siamo il popolo, la gente, che sopravvive a tutto. Nessuno può distruggerci. Nessuno può fermarci. Noi andiamo sempre avanti."
- Frase pronunciata da Jane Darwell, vincitrice dell'Oscar 1941 per questo ruolo

domenica 1 gennaio 2017

FILM: Il grande Gatsby

Non sapevo con quale post iniziare questo 2017... alla fine ho scelto di parlarvi di un film che secondo me è adatto al capodanno, almeno per l'atmosfera di festa ed eleganza.
Il secondo motivo è che avevo già scritto un post su questo film tanto tempo fa, ancora agli inizi di questo blog, per cui mi sembrava un'idea carina per questo "nuovo inizio" (tornare agli inizi del blog) e approfittare di aver recentemente acquistato il DVD e quindi di averlo rivisto - a gennaio 2014 non mi ero proprio sprecata con le parole *ahahah*

Titolo: Il grande Gatsby
Titolo (originale): The great Gatsby
Regia: Baz Luhrmann
Produzione: USA, Australia - 2013
Genere: drammatico
Ambientazione: New York, anni '20
Attori: Leonardo DiCaprio, Tobey Maguire, Carey Mulligan, Joel Edgerton, Elizabeth Debicki, Isla Fisher, Jason Clarke



Si tratta del quarto lungometraggio cinematografico tratto dal famoso romanzo di Francis Scott Fitzgerald pubblicato nel 1925, che ho letto diversi anni fa ancora prima di vedere qualsiasi film.
In realtà possiamo anche dire che è il terzo film perché il primo, un muto degli anni '20, è andato perduto. Le altre due versioni risalgono al 1949 e 1974.

A chi non l'avesse visto ma conosce altri film di Luhrmann c'è solo una cosa da dire: è un suo tipico film, la sua firma è molto evidente (come sempre) quindi se non lo sopportate, odierete questo film di certo, vi avviso, e porta anche una firma evidente della moglie Catherine Martin per quanto riguarda la scenografia e i costumi (vincendo l'Oscar in entrambe le categorie nel '14).

Parto da una critica negativa che molti hanno espresso non appena l'hanno visto per la prima volta che riguarda alcune scelte di musica, costumi, scenografia e contestualizzazione che risultano fuori dall'epoca in cui il film è ambientato, gli anni '20. Premetto che anche io la prima volta ero perplessa riguardo alla musica ma dopo aver rivisto il film un altro paio di volte nel corso degli anni scorsi mi sono accorta di come mi piacesse sempre di più ogni volta. La scelta di reinterpretare un'epoca secondo me non è da criticare a priori (anche se il modo in cui viene fatto può piacere o meno), questo voler mantenere una fedeltà estrema a tratti può risultare noioso e ripetitivo, soprattutto nel caso di un remake. Mettiamo in conto poi che i film di Luhrmann hanno un'impronta autoriale molto forte, che può rendere le sue opere odiate/amate, a me è piaciuto... però c'è un MA.
Il primo "ma" riguarda il fatto che non mi è piaciuto subito ma solo dopo diverse volte che l'ho rivisto, il secondo "ma" è che mi sono accorta di come l'aspetto estetico (anche superficiale, in alcuni casi) abbia avuto più influenza sul mio giudizio rispetto ad altri elementi del film (cast, sceneggiatura, ecc.) a distanza di anni (gennaio 2014 - gennaio 2017) posso dire di essermi "formata nel tempo" un'opinione molto più articolata.

Come sempre nei suoi film, l'atmosfera è piuttosto teatrale, artificiale e "fredda" (cercate di capire cosa voglio dire). La finzione e il distacco sono molto evidenti in questo film, come negli altri, ma voluti in un modo intelligente e provocante.
L'elemento musica è importante, ma non in modo fastidioso come la critica aveva inizialmente lamentato, non invadente come si potrebbe pensare. Se avete sentito voci riguardanti alla presenza fastidiosa di Kanye West, tranquilli, se non me l'avessero detto non l'avrei nemmeno notato.
La scenografia, i costumi, i capelli, il trucco, tutto l'apparato estetico legato ai colori è emozionante, Catherine Martin ha dato una sua visione davvero forte dell'ambiente ma perfettamente coerente, tutto ha un senso; quando poi nelle scene di festa in particolare tutto questo si ricollega alla musica, la teatralità e la scenografia passano in primo piano e sono partiti i deja-vù con Moulin Rouge, anche se naturalmente questo non è un musical e non vuole esserlo.

Ho provato ad immaginare un pubblico dell'età del jazz che guarda questo film (in un'ipotesi assurda nella quale non si sarebbero stupiti né del sonoro, né del colore, né di tutto ciò che concerne la tecnologia) e ho pensato che sarebbero potuti essere d'accordo con questa visione perché, nonostante sia portata all'estremo e con molti riferimenti al contemporaneo, non cozza con l'ideologia e il concetto di esteriorità estetica che c'era in quegli anni. Non saprei come spiegarlo se non come una sorta di "inception": il regista parte da un'immagine contemporanea data dallo scrittore che parla della sua epoca, la reinterpreta in chiave sua autoriale e allo stesso tempo la rende contemporanea, tutto questo però tenendo sempre a mente le "parole d'ordine" dell'età del jazz e forse, chissà, arrivando a rendere un'ambientazione ancora più accurata di quella che sarebbe risultata nella reale età del jazz (ammesso che non stia sbagliando in piena e che gli anni '20 non fossero affatto così, in quel caso perdonatemi ma cercate di capire, non ho mai vissuto in quegli anni!).

Ho provato anche a mettermi nella testa di uno spettatore del futuro, e mi sono trovata a giudicare questo film come estremamente tipico del periodo in cui è stato realizzato (girato nel 2011 e uscito nel 2013) e in un certo senso non vedo l'ora di essere nel futuro per rivederlo ancora e ricordare gli anni '10 (mi rendo conto che il mio discorso sta degenerando, sorry)!
La colonna sonora è un inno al periodo di produzione e allo stesso tempo fa entrare lo spettatore attuale nello spirito dell'epoca, le scelte che si ricollegano al contemporaneo sono azzeccatissime perché calano lo spettatore attraverso veri e propri paralleli e corrispondenze con quello che poteva percepire chi viveva negli anni '20. Amo Young and Beautiful di Lana Del Rey (e Baz Luhrmann), amo Florence and the Machine, amo la cover di Back to black di Beyoncé e André 3000 [*] (vogliamo parlare del parallelo tra André 3000 e la "green light"? ditemi vi prego che avete capito la battuta, ahah), amo Fergie, Gotye, gli XX, Sia, e Jay-Z che porta tutti insieme e dà unità alla colonna sonora, oltre che ad esserne il produttore. Manca solo Kesha all'appello praticamente. Secondo me tutto ciò è geniale. Sono riusciti a creare una compilation di inni all'opulenza che descrivono perfettamente - e contemporaneamente! - gli anni '20 e il 2013, con un parallelo super efficace che ci avvicina in un secondo all'ambientazione del periodo. Un'altra scelta che ho trovato positiva è l'indefinito fra musica diegetica ed extra-diegetica, nei momenti di festa e non.
[*] capisco come tutti odino questa cover perché anch'io la odiavo all'inizio ma sono arrivata alla conclusione che l'effetto fastidio sia voluto, è come se mi piacesse proprio perché disturba.

Non ho voglia di commentare il cast perché non credo che ce ne sia bisogno, dico solo che il mio amore per Leo DiCaprio è aumentato ancora più dei miei livelli adolescenziali.
Non c'è bisogno neanche di enumerare le differenze con il libro, che sono comunque poche e trascurabili e se ci sono hanno un senso.
Ci sono tuttavia due particolari che non combaciano con l'ambientazione anni '20 e cioè la costruzione dell'Empire State Building e la presenza all'inizio dell'Ulisse di Joyce, entrambi appartenenti agli anni '30. Devo ammettere che non li ho notati io ma ho voluto lo stesso citarli perché credo non siano casuali. Penso che il primo sia solo la volontà di inserire un simbolo dell'epoca anche se leggermente più tardo; riguardo al secondo non saprei cosa pensare perché non l'ho letto, ditemelo voi se volete fare qualche ipotesi!

Chiudo questa mia riflessione con un pensiero finale: ho trovato che la sfrontatezza opulenta che Baz adotta nei suoi film - particolarmente in questo - ha il fine di esagerare apposta proprio per provocare; tutto ciò che odiamo è messo davanti ai nostri occhi in una compilation forse fastidiosa, e se è così lo scopo è stato raggiunto, se non altro per evidenziare la ricchezza e la superficialità dell'ambiente e porlo in contrasto con l'eleganza e il tormento di Gatsby e del romanzo di Fitzgerald.