giovedì 23 marzo 2017

FILM: Moonlight

Titolo (originale): Moonlight
Regia e sceneggiatura: Barry Jenkins
Produzione: USA, 2016
Genere: drammatico
Durata: 111'
colore/sonoro
Cast: Trevante Rhodes, Ashton Sanders, Alex Hibbert, Janelle Monae, Mahershala Ali, Andre Holland, Naomie Harris, Jharrel Jerome, Jaden Piner
Tratto dall'opera teatrale "In Moonlight Black Boys look Blue" di Tarell Alvin McCraney

Opera nata dalle due geniali menti di McCraney e Jenkins che, sconosciuti ai più, si sono aggiudicati 2 premi Oscar (Miglior Film, Migliore sceneggiatura non originale) più un premio Oscar al Miglior attore non protagonista per Mahershala Ali (primo vincitore dell'Academy di religione islamica).
Vincitore anche del Golden Globe 2017 al Miglior Film Drammatico.


Nonostante in Italia non abbia avuto una distribuzione "trionfante" penso sia nell'interesse dei più ora recuperare il film che ha scalzato in modo plateale La La Land all'assegnazione del premio a Miglior Film all'ultima edizione degli Academy, qualche settimana fa.
Già ero curiosa prima, dopo la notte degli Oscar ancora di più, finalmente ieri sono riuscita a vederlo (ho dovuto fare un piccolo viaggio per trovarlo in un cinema ma va bene).

Film diviso in 3: tre atti, tre età, tre attori.
Il primo atto è "Piccolo" e vede come protagonista Chiron, bambino afroamericano che vive in un quartiere difficile di Miami, da tutti chiamato "piccolo". Abita con la madre tossica ed è anche perseguitato dai bulli. Un giorno per scappare dai suoi perseguitori si nasconde in una baracca e viene trovato dallo spacciatore Juan che lo porta a casa sua e se ne prende cura con gentilezza insieme alla sua fidanzata Teresa. I due lo trattano come un figlio, anche perché possono capire la sua condizione di vita, e così lui cresce alternandosi tra le urla della madre e l'ospitalità di Juan e Teresa.
Il secondo atto è "Chiron" e per qualche verso assomiglia al primo; diventato adolescente il protagonista continua ad alternarsi tra la casa della madre drogata e prostituta e quella di Teresa, perché purtroppo Juan non c'è più. Anche i bulli della scuola continuano a dargli il tormento, ma Chiron ha sempre il suo amico d'infanzia, Kevin, unico con il quale c'è una certa complicità. Una sera infatti tra i due ragazzi succede qualcosa, un'intesa particolare gli fa capire che tra loro potrebbe esserci più di un'amicizia. Purtroppo però il giorno seguente Kevin lo tradirà, caduto vittima dei bulli, e siccome Chiron non solo rifiuta di denunciare l'accaduto ma pure si vendica, viene arrestato.
Il terzo atto è "Black" e il protagonista ormai adulto è irriconoscibile, o meglio, si riconosce in Juan. Diventato una sua copia, spacciatore muscoloso con i denti d'oro, si è trasferito ad Atlanta per lavorare nel giro, dove anche la madre ora vive in una struttura di recupero. Contattato a sorpresa da Kevin, Chiron decide inaspettatamente di andare a trovare l'ex-amico, per un incontro fuori da ogni immaginazione.

Al di là del grande clamore che ha circondato la consegna del premio Oscar di miglior film, che ha sicuramente aumentato la pubblicità per Moonlight, sono molto contenta del premio a Miglior Sceneggiatura non originale per Jenkins e McCraney (hanno vinto anche il Satellite Award nella stessa categoria). Il drammaturgo Tarell Alvin McCraney ideò il testo teatrale "In Moonlight Black Boys Look Blue" per la sua tesi di laurea nel 2003 all'Università di Yale. Egli ha poi collaborato con il regista Barry Jenkins per la sceneggiatura del film del 2016 e l'adattamento filmico del testo è un lavoro perfetto. Il lavoro di partenza sicuramente forniva la base primaria che costituisce l'elemento vincente del film e la forza è sicuramente dovuta dal parziale carattere autobiografico di entrambi gli autori.

Moonlight è un film bellissimo ma è anche un film che tornerà utile come modello in futuro. Da tanti paragonato alla "versione nera e gay di Boyhood" (cosa con cui sono in totale disaccordo), secondo me il tratto distintivo che letteralmente "spacca" è qualcosa di cui tutti avevamo bisogno, in primis il cinema ne aveva bisogno: un film dove il fatto di essere "all black" e "a tematica LGBT" non possono essere usate come etichette. Proprio quest'anno tra i candidati agli Oscar avevamo esempi come Barriere o Il diritto di contare; senza nulla togliere a quei film è normale che il loro trattare l'argomento afroamericano in un certo modo li etichetterà come "film sui neri" e se ci pensate Moonlight non può essere paragonato a questi; idem vale per il tema LGBT: in questa pellicola non è un "tema". Finalmente le cose che devono essere trattate con normalità perché sono normali (o dovrebbero esserlo) vengono trattate con naturalezza. Non so se ci avete mai pensato ma io ci penso sempre ogni volta che leggo un libro o vedo un film che, sicuramente con le più buone intenzioni del mondo, cerca di far convincere in "modo arrabbiato" il pubblico di certe idee - idee giuste, con tutto il diritto di essere arrabbiati - ma la stessa cosa vale anche per il femminismo se ci pensate, parità vuol dire uguaglianza e uguaglianza significa trattare le persone allo stesso modo, ma non per forza tramite un'opera di denuncia (film, libro, ecc.). Non so se questa mia riflessione a ruota libera ha un senso ma per me vedere Moonlight è stato vedere realizzato il tipo di film che ci voleva nel mondo adesso.
Penso che trattare le cose con normalità sia la chiave per superare i pregiudizi e l'odio per il diverso.

Poi lasciamo stare che il confronto con Boyhood non sta in piedi, se stiamo parlando solo di crescita di un ragazzo per fasi possiamo citare altri 360 film, ma Boyhood proprio no visto che il suo tratto caratterizzante è l'utilizzare sempre lo stesso attore per 15-20 anni.

L'aspetto visivo è qualcosa di perfetto. Fotografia stupenda, colori meravigliosi e uso molto intelligente di filtri colorati con intento narrativo concreto. Sono troppo fiera del fatto che abbiano speso solo 1.5 milioni di dollari per realizzare un film così perfetto in tutti i sensi. La qualità è altissimi in ogni aspetto (forse nel suono addirittura un po' troppo esagerato) ma se pensiamo che è stato girato in soli 25 giorni, risulta incredibile.

Un altro aspetto molto interessante è la lavorazione in un ambiente piuttosto ristretto: oltre al poco tempo e al basso budget, le location erano tutti luoghi familiari per Barry Jenkins e Tarell Alvin McCraney, oltre che per la squadra della post-produzione in gran parte composta da ex compagni di studi e amici. Tutto questo ha dato a Moonlight un calore da film realizzato da persone che si conoscono, in luoghi che conoscono, raccontando una storia molto personale.
Sono certa che Moonlight non fa parte di quei "film ripicca" che hanno risposto alla mancanza di afroamericani agli Oscar dell'anno scorso, Moonlight ha vinto prima di tutto perché se lo merita più di quanto se lo meritava qualsiasi altro film nominato quest'anno (indifferentemente dal colore e dall'orientamento sessuale!!).

Ancora prima di vedere il film possiamo notare dal bellissimo poster come Chiron sia interpretato effettivamente da 3 diversi attori: Alex Hibbert (bambino), Ashton Sanders (adolescente) e Trevante Rhodes (adulto). Lasciando da parte il fatto che sono molto bravi, sono rimasta seriamente scioccata quando ho scoperto che i tre si sono conosciuti per la prima volta solo dopo la fine delle riprese! Guardandoli ero convinta che avessero fatto un qualche tipo di preparazione particolare per "accordarsi" e recitare tutti nello stesso modo, per cercare di dare unità al personaggio, e invece è qualcosa che è venuto spontaneo a tutti e 3 gli attori, incredibile! La cosa pazzesca è che fisicamente gli attori sono molto diversi, non potrebbero mai essere la stessa persona, non si assomigliano lontanamente... ma attraverso qualche tic, qualche particolare movimento degli occhi o atteggiamento tipico sono riusciti a convincerti esattamente che si trattava della stessa persona. Tre delle migliori interpretazioni dello stesso personaggio mai viste prima!!
Ho apprezzato anche Jaden Piner - Jharrel Jerome - André Holland ovvero i tre interpreti di Kevin, migliore amico di Chiron, come mi è molto piaciuto il suo personaggio.
Sicuramente anche la bellissima Janelle Monàe nei panni di Teresa è stata brava e senza dubbio il vincitore premio Oscar Mahershala Ali con Juan.
Non mi ha convinto del tutto invece proprio Naomie Harris nel ruolo della madre di Chiron, in parte per l'interpretazione, in parte per il personaggio ma anche per il lavoro di "invecchiamento" che è stato operato su di lei con "trucco e parrucco" (non l'ho trovato eccezionale).

L'adattamento cinematografico di un testo teatrale dolce ma potente, rimasto in un cassetto dal 2003, è stato la realizzazione di più di un sogno che da tempo aspettavo si concretizzasse.
Mi dispiace La La Land, sei bellissimo anche tu, ma quando Warren Beatty ha ammesso di essersi sbagliato io sono stata contenta ;)

sabato 11 marzo 2017

SERIE TV: Stranger Things

Titolo (originale): Stranger Things
Produzione: USA, 2016
Autori: Duffer Brothers
Genere: thriller, paranormale
Lingua originale: inglese
Produzione NETFLIX

Prima stagione composta da 8 episodi da 50' circa.



Arrivo un po' in ritardo rispetto alla massa nel vedere gli 8 episodi che compongono questa prima stagione uscita su Netflix nell'estate del 2016. Per vedere la seconda stagione dovremo aspettare soltanto Halloween 2017 ma l'attesa si preannuncia meritata.

Siamo a Hawkins, Indiana negli anni '80 quando un ragazzino sparisce nel nulla e subito dopo una ragazzina della sua età compare in città manifestando poteri paranormali. Sembra essere scappata da un laboratorio segreto nel quale si è appena verificato un incidente, e ora il personale di questa struttura le sta dando la caccia.
La ragazza senza nome si imbatte e trova rifugio presso 3 suoi coetanei dodicenni, i migliori amici di Will Byers, il ragazzo scomparso. Il gruppo non vuole darsi per vinto perché non crede alla morte del loro amico e sono convinto che ci sia sotto qualcosa di più.
Mike, Dustin e Lucas decidono di ospitare "Undici", come la chiamano loro, per un numero tatuato sul suo braccio. Undi si rivela particolarmente preziosa nella ricerca perché sembra sapere cosa sia capitato a Will: sarebbe rimasto intrappolato nel "sottosopra", una dimensione parallela popolata da mostri.
Nel frattempo si aprono anche le indagini per la scomparsa di Will, guidate dall'agente Hopper, il quale in accordo con la madre del ragazzo e i suoi amichetti, non crede si possa trattare di una banale morte e scopre infatti che la verità viene loro nascosta dal gruppo di scienziati del laboratorio.
Le persone che ricevono messaggi dal sottosopra sono tante: Joyce, madre di Will, ma anche Hopper, Jonathan e Nancy - rispettivamente fratello di Will e sorella di Mike, la quale ha assistito alla scomparsa della sua amica Barbara, riconducibile a quella del giovane Byers.

Attori e interpreti:
Winona Ryder - Joyce Byers (madre divorziata di Will e Jonathan Byers)
David Harbour - Jim Hopper (capo della polizia di Hawkins, anch'egli separato dalla moglie)
Finn Wolfhard - Mike Wheeler (migliore amico di Will, ospita Undici in casa, fratello di Nancy)
Millie Bobby Brown - Undici (ragazzina usata per esperimenti dal laboratorio, rapita appena nata)
Gaten Matarazzo - Dustin Henderson (soffre di sigmatismo, tiene unito il gruppo di amici)
Caleb McLaughlin - Lucas Sinclair (fa parte del gruppo di 4 amici, coraggioso e determinato)
Natalia Dyer - Nancy Wheeler (sorella maggiore di Mike, studiosa e determinata)
Charlie Heaton - Jonathan Byers (fratello maggiore di Will, solitario e silenzioso)
Cara Buono - Karen Wheeler (madre di Mike e Nancy)
Matthew Modine - Dr. Martin Brenner (responsabile del laboratorio che cerca di catturare 11)
Noah Schnapp - Will Byers (ragazzo rapito e intrappolato nel sottosopra per tutta la stagione)
Joe Keery - Steve Harrington (ragazzo popolare della scuola, fidanzato di Nancy)
Ted Wheeler e Holly Wheeler (padre e sorellina minore di Nancy e Mike)
Mr. Clarke (professore dei 4 amici, li aiuta nella ricerca dell'amico scomparso)
Lonnie Byers (padre divorziato di Will e Jonathan, torna per cercare Will)
Barbara Holland (amica di Nancy che scompare nel sottosopra)

L'intento dei Duffer Brothers era quello di ricreare la stessa atmosfera che loro da bambini avevano amato nei film e romanzi paranormali degli anni '80, prendendo ispirazione da Steven Spielberg, Stephen King e John Carpenter.
Dopo aver deciso di fondare la storia sulla ricerca di un bambino scomparso hanno creduto che basando l'esistenza della dimensione parallela su fondamenti scientifici avrebbe fatto più paura e anche in questo hanno preso a modello i vecchi classici. Inoltre hanno scelto gli anni '80 per evocare un senso di nostalgia verso forse l'ultima epoca senza una tecnologia onnipresente nelle vite di tutti ma d'altro canto con la comune paranoia legata alla guerra fredda, alla quale si collega l'esperimento del laboratorio di Hawkins.
Possiamo notare influssi da classici degli anni '80 come La cosa, Nightmare, Stand by me, Goonies, E.T. infatti, pur essendo horror non è splatter ma punta più sulla tensione.
Netflix è stata solo l'ultima di tante emittenti statunitensi alle quali i fratelli Duffer si sono rivolti; le loro perplessità riguardavano il fatto che fosse una serie indirizzata anche ad un pubblico adulto ma che avesse come protagonisti un gruppo di bambini.

Per il casting dei ragazzini gli è stata fatta recitare una scena da Stand by me, e io aggiungo: uno dei miei film preferiti. Nonostante la presenza di due colonne portanti come Winona Ryder e David Harbour, i miei interpreti preferiti sono stati i ragazzi, anche se una menzione speciale va a Millie Bobby Brown per il difficile ruolo di Undici che ha saputo interpretare magnificamente.

Ambientata in una cittadina fittizia dell'Indiana la prima stagione è stata in realtà girata a Jackson in Georgia tra novembre 2015 e marzo 2016.
Gli episodi sono stati pubblicati sulla piattaforma Netflix tutti assieme il primo giorno.
Per girare un solo episodio il tempo impiegato era di circa 11 giorni, tempo eccezionale rispetto alla media delle tempistiche delle serie tv.

Per quanto riguarda gli effetti speciali hanno deciso di non affidarsi solo al computer ma rimanendo in parte fedeli ad un'atmosfera vecchio stile hanno utilizzato animatronica, protesi, CGI, oltre anche ad un filtro particolare che rendesse l'effetto della pellicola riconoscibile nei film anni '80.

Riferimenti a Stephen King possono essere ricondotti anche al font e allo stile dei titoli di testa nella sigla, ma anche nella volontà di strutturare gli episodi come se fossero capitoli di un suo libro.

La colonna sonora - oltre a celebri brani del rock direttamente dagli anni '70 e '80, con la protagonista Should I stay or should I go dei Clash - è stata composta nei brani originali da Michael Stein e Kyle Dixon, ex membri della band synth "Survive".

venerdì 3 marzo 2017

LIBRO: Viva la vida!

Dopo "La spia" di Paulo Coelho, a gennaio ho anche letto questo libricino del quale non sapevo nulla, è stato uno di quegli acquisti a scatola chiusa che mi hanno sorpreso piacevolmente.
Quindi dopo una lettura che mi aveva convinto solo a metà sono passata a un monologo teatrale breve  ma intenso, e questa volta mi sono affidata ad un autore italiano totalmente nuovo per me.

Titolo: Viva la vida!
Autore: Pino Cacucci
Pubblicazione: 2010
Genere: monologo teatrale, biografico
Ambientazione: Messico, biografia di Frida Kahlo (1907-1954)


Nonostante questo tipo di lettura fosse qualcosa di totalmente nuovo per me (l'unico monologo teatrale che ho letto associabile a questo è Novecento di Alessandro Baricco) posso accostarlo al precedente libro che ho letto a gennaio, ovvero "La spia" di Paulo Coelho. Entrambi sono ritratti di donne che provengono da un altro paese rispetto agli autori, Coelho brasiliano ritrae Mata Hari olandese mentre Pino Cacucci italiano ritrae la Kahlo messicana.

Come anche per Mata Hari, nonostante fossi sempre stata affascinata dalla vita di queste donne, nemmeno per Frida Kahlo ho mai letto un libro totalmente dedicato a lei (fatta forse eccezione per un capitolo dedicato a lei in "Historias de mujeres" una bellissima raccolta di racconti di donne reali scritti da Rosa Montero).

Come dicevo sopra, è stato un acquisto - e quindi una lettura - impulsivo, ero ispirata dal retro di copertina e anche dalla bellissima copertina stessa. Mi hanno colpito molto anche perché ho subito capito che si trattava di qualcosa fuori dal comune, e in questo caso avevo ragione, perché mi è piaciuto moltissimo oltre ad avermi aperto gli occhi sulla storia particolare di questa pittrice.

La narrazione è composta da stralci di vita raccontati in prima persona dalla stessa Frida e, tenendo sempre conto che si tratta di un monologo teatrale, dobbiamo prendere atto del linguaggio allo stesso tempo semplice ma di forte impatto, molto evocativo.
In questo sono stata positivamente colpita dal lavoro di Cacucci perché anche non conoscendolo so che parlando di Messico era perfettamente a suo agio, masticava il suo pane quotidiano; non credo però che sia un frequente autore di testi teatrali, quindi a maggior ragione voglio dargli pieno merito per questa sua opera, per quanto breve sia.

Frida Kahlo ci racconta dal suo punto di vista la sua vita e le sue sventure, i suoi dolori e le sue gioie, le sue emozioni e i suoi sentimenti, il rapporto ambiguo con il marito Diego Rivera e con le altre persone importanti nella sua vita. C'è anche molto Messico che emerge dalle sue parole, molta "messicanità" in lei.

Anche se possono sembrare poche pagine la struttura è in realtà composta da tre parti: la prima è quella principale ed è l'effettivo monologo teatrale recitato nei panni della Kahlo, la seconda è più breve e riassume un po' il tutto da occhi esterni, facendo il punto della situazione, ma pur sempre restando nell'opera teatrale; la terza e ultima invece è composta da un paio di pagine dove chi parla è senza dubbio l'autore "a sipario chiuso".

Si nota come ogni singola parola sia stata scelta in modo soppesato e questo rende il tutto molto intenso, ma non pesante, infatti l'autore resta sempre nella sfera di linguaggio semplice e diretto, e questo fa sì che la lettura sia molto veloce. Libro che si legge in poco tempo, monologo forte e poetico insieme, in poche pagine.