venerdì 1 settembre 2017

FILM: Elle

Titolo (originale): Elle
Produzione: Francia, 2016
Regista: Paul Verhoeven
Genere: thriller, drammatico
Attrice protagonista: Isabelle Huppert
Soggetto: romanzo del 2012 "Oh..." di Philippe Djian


Recupero solo ora questa pellicola presentata a Cannes 2016 e distribuita nelle sale italiane a fine marzo, a un anno dall'uscita nei cinema francesi.
Nei primi mesi di quest'anno si era molto discusso di Elle in seguito alla vincita come Miglior film straniero ai Golden Globes e alla doppia nomination per Isabelle Huppert come miglior protagonista - agli Oscar e Golden Globes - vinta nel secondo caso.

Si tratta del primo film di produzione francese per Verhoeven, infatti inizialmente sarebbe dovuta essere una produzione statunitense con un'attrice protagonista di grido; solo in un secondo momento il regista decise di spostare la produzione in Francia anche perché il suo stile esplicito e le sue tematiche di erotismo e violenza con echi a Basic Instinct non l'avrebbero passata liscia negli USA.

Volendo definirlo con un'etichetta di genere possiamo chiamarlo "thriller psicologico" perché gran parte della trama ruota attorno alle reazioni e alle conseguenze che uno stupro a inizio pellicola hanno sulla vita della protagonista, una donna francese di mezza età di nome Michéle Leblanc. Una protagonista nel vero senso della parola, con un carattere forte tale da prevalere su quello di chi le sta intorno. Una madre indipendente con gusti amorosi fuori dal comune, un "padre-mostro" che si trova in carcere da quando lei era bambina, un ex marito poco degno di nota e un figlio buono a nulla.

Dopo molti rifiuti da parte di molte star di richiamo, nel 2014 Isabelle Huppert firma il contratto per interpretare Michéle Leblanc, personaggio che aveva amato e col quale provava affinità fin da quando lesse il romanzo di Djian del 2012.

Le riprese si sono svolte nell'arco di 10 settimane a partire dal 10 gennaio 2015 a Parigi, con alcuni disagi e imprevisti a causa degli attentati che avevano luogo in quel periodo nella capitale francese.

Verhoeven è un autore a tutto tondo e in questo suo ultimo film ha dimostrato di aver messo tanto di se stesso, a partire dall'impronta nella messa in scena, nello storyboard e altre fasi cruciali della produzione.

La colonna sonora è opera della compositrice inglese pluripremiato Anne Dudley (il cui ultimo lavoro era stato al film-musical Les Miserables nel 2012).

Le poche critiche negative da parte del pubblico si sono principalmente concentrate sull'anti-femminismo della pellicola, in riferimento alla mancata denuncia dello stupro da parte della protagonista, immagino. Ciò non è sufficiente a etichettare il film come anti-femminista perché credo sia abbastanza evidente che le figure forti con un carattere predominante in questa storia siano proprio le donne. Non sono riuscita a trovare nessun elemento concreto che alluda ad una posizione inferiore della donna. Michele e sua madre hanno un carattere forte, sono indipendenti e vivono la loro vita sessuale e - nel primo caso - lavorativa come la vivrebbe un uomo (non nel senso di mascolinizzare la donna ma liberarla dai soliti stereotipi che affollano i soliti personaggi al cinema). Un ulteriore punto interessante è il fatto che spesso le figure femminili più emancipate in campo lavorativo/sessuale/intellettuale... siano donne giovani, mentre qui Michele e sua madre sono donne di mezza età e di età avanzata, credo che le emancipi non solo in quanto donne ma anche per la loro età.
Persino Anna, l'amica di Michele, e la stessa compagna del figlio, sono tutte figure femminili molto interessanti. Trovo che la scelta di contrapporre la personalità del figlio con quella della compagna sia stata una scelta astuta, facendoli comunicare spesso anche attraverso Michele stessa.
Ancora più importante però è il fatto che tutto ciò non sia lo scopo del film, non sia l'obiettivo ultimo perché sono tutti elementi che vengono inseriti in un thriller psicologico (o comunque in una storia che sta in piedi da sola anche se questi elementi non ci fossero). Trovo che alla fine sia proprio questo l'aspetto più importante - motivo per il quale avevo anche apprezzato moltissimo Moonlight che riesce a trattare tematiche razziali e di classe sociale pur non rendendole il fulcro della questione (facendole sembrare magari forzate).

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