sabato 8 ottobre 2016

FILM: L'albero degli zoccoli

Titolo (originale): L'albero degli zoccoli
Regia: Ermanno Olmi
Produzione: Italia, 1978
Genere: drammatico, storico
Ambientazione: Palosco, nella campagna Bergamasca - tra 1897 e 1898
Attori: Luigi Ornaghi e altri attori non professionisti, contadini della zona


Questo film del 1978 è stato ideato, scritto, diretto da Ermanno Olmi, che ne ha curato anche la fotografia e il montaggio. Ha vinto la Palma d'Oro al 31° Festival di Cannes (1978).

Originariamente girato nel 1977 in dialetto bergamasco venne poi successivamente doppiata in lingua italiana dagli stessi interpreti per la distribuzione nazionale, pur mantenendo l'accento locale.
Gli attori che interpretano i contadini sono realmente contadini di quelle zone e quindi mantengono la genuinità e l'autenticità interpretando i ruoli di quelli che sarebbero potuti essere i loro nonni alla fine dell'800.

Azzeccatissima la colonna sonora con pezzi di Bach e Mozart eseguiti in modo semplice e spoglio all'organo da Fernando Germani. Importanti nella storia sono anche le numerose canzoni popolari e di chiesa che vengono cantate dai personaggi e sempre contestualizzate nei momenti di vita dei contadini, sia nel lavoro che nel tempo libero.

Questo film fa parte della lista dei "100 film italiani da salvare" al centesimo posto che comprende 100 pellicole che hanno cambiato la memoria collettiva del Paese tra il 1942 e il 1978.

I protagonisti di questa storia sono 4 famiglie che vivono e lavorano nelle cascine della campagna bergamasca sul finire dell'800. Il titolo deriva dallo zoccolo che Batistì deve costruire al figlioletto Minick (Domenico) dopo che gliene si rompe uno. Non avendo soldi deve abbattere un albero in modo da procurarsi il legno. L'albero però era proprietà del padrone e siccome scopre chi l'ha tagliato, la famiglia di Batistì (con la moglie Battistina, e i tre figli di cui uno appena nato) viene allontanata dalla cascina.
Oltre a questa vicenda principale ci sono le vite delle altre famiglie. Una vedova costretta a lavorare come lavandaia dopo la morte del marito, col figlio maggiore quattordicenne che viene assunto come garzone al mulino; nonostante tutto mostrano carità verso un mendicante. La fede è anche sempre presente infatti, quando la mucca che serviva al sostentamento della famiglia si ammala e viene considerata spacciata dal veterinario, la vedova fa bere all'animale acqua santa e subito guarisce. Della famiglia fa parte anche il padre della vedova, nonno Anselmo, un contadino saggio che in segreto aggiunge come concime ai pomodori lo sterco di gallina, in modo da poter raccoglierli un mese prima degli altri. Nonno Anselmo rappresenta anche il continuatore delle tradizioni della comunità: è sempre lui che racconta le storie ai bambini, che canta le canzoni della cultura popolare e che insegna a tutti i proverbi e le filastrocche.
Altro filo conduttore è quello rappresentato nella locandina: lo schivo corteggiamento di Stefano a Maddalena, due giovani membri della comunità che prima del loro matrimonio si sono a malapena scambiati un saluto. Subito dopo le nozze si recano a Milano per visitare la zia suora presso il cui convento adottano un bambino. Assistono in questo frangente alla "Protesta dello stomaco" scoppiata per la repressione del Generale Bava Beccaris nel maggio del 1898.
La quarta e ultima famiglia di cui si seguono le vicende è quella di Finard, formata da genitori, tre figli e il nonno. Il figlio maggiore si rifiuta di lavorare e beve troppo, questo è motivo di frequenti litigi e tensioni con il padre. Inoltre Finard un giorno trova per terra una moneta d'oro, che nasconde sotto lo zoccolo del cavallo ma non trovandolo più un giorno impazzisce e la moglie chiama la "donna del segno" che gli somministra una pozione calmante.
Ci sono poi altri personaggi esterni alle famiglie della cascina che sono ugualmente presenti: il prete don Carlo che celebra le messe in latino ma che rivolge sempre le prediche nella lingua dei contadini, dandogli consigli e rassicurazioni concrete per guidarli nelle loro vite. Poi c'è anche un commerciante di stoffe che si reca di cascina in cascina a vendere la sua mercanzia; altri sono anche il fattore, la donna del segno e naturalmente, il padrone.

Com'è stato fatto notare da critiche successive in questo film prevale la visione interna della vita famigliare, di comunità ma sempre in ottica religiosa e mai politica. Non vengono trattate perciò tematiche che erano in realtà presenti per i contadini di quell'epoca e di quelle zone cioè l'odio che incita alle lotte di classe, trattato ad esempio da "Novecento" di Bertolucci (1976) [e, aggiungo io, da "Il nastro bianco" di Michael Handke (2009)].

L'atmosfera di questo film è poetica e rende omaggio a quella che era la vita della nonna del regista. Senza dubbio è uno dei film più famosi e importanti dell'Italia anni '70 nel mondo, e oserei dire anche come documento storico di un'epoca totalmente diversa dalla nostra ma infine non così lontana.
Mentre si guarda "L'albero degli zoccoli" è difficile non pensare che la vita come la vediamo era quella dei nostri bisnonni bambini e dei loro genitori, anche se magari in un'altra zona e con un accento diverso.

A colori, dura 197 minuti (venne infatti originalmente trasmesso in tv in tre puntate).

Secondo la mia personale opinione è un film che può essere visto in quanto documento di un'epoca storica che si concentra sulle usanze della gente comune oppure in chiave più "personale" come detto sopra, guardando i volti degli interpreti e sovrapponendoci quelli dei nostri avi ricordati in modo un po' indefinito da qualche vecchia fotografia ingiallita.

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